Relazione sull’ordine del giorno
“Verità e Giustizia per Giulio Regeni”
Premessa
L’argomento all’ordine del giorno riguarda una vicenda che
sta mettendo a dura prova la credibilità ed il prestigio internazionale del Governo
e del Parlamento italiano.
Rientra tra quella tipologia di ordini del giorno su cui
questo Consiglio ha discusso in altre occasioni; quando, ad esempio, si trattava
della vicenda dei due marò o si chiedeva la commissione di inchiesta per
scoprire la verità sulla morte del parà Emanuele Scieri.
Oggi la vicenda riguarda, purtroppo ancora una volta, un
giovane, prima rapito, poi torturato ed, infine, ucciso in un Paese straniero.
La richiesta, anche stavolta, è quella che le più alte
istituzioni dello Stato si adoperino con il massimo delle proprie forze, senza
lasciarsi condizionare da eventuali interessi economici, per ottenere giustizia
e verità.
Chi era Giulio Regeni?
Giulio Regeni,
ricercatore friulano ventottenne, si trovava in Egitto per motivi di studio.
Per conto dell’Università di Cambridge, stava svolgendo un dottorato in
materie economiche presso il Cairo.
Durante la sua permanenza stava studiando, entrandovi quindi
in contatto, i movimenti sindacali egiziani che, timidamente, andavano via via
riorganizzandosi, dopo l’ultimo colpo di Stato del 3 luglio 2013 e l’elezione a Presidente dell’ex Capo di Stato
Maggiore del governo Morsi, Abd al-Fattah al-Sisi dell’8 giugno 2014.
Dopo un’adolescenza trascorsa tra impegno sociale e civile,
Regeni si è trovato a documentare le vicende del paese egiziano, soprattutto
riguardo al rispetto dei cosiddetti “diritti dell’uomo”.
A confermarlo vi è un articolo scritto dallo stesso Regeni e
pubblicato dal sito “Nena News” (sotto lo pseudonimo di Antonio Drius) e,
postumo, dal quotidiano “Il Manifesto”,
in cui racconta della partecipazione ad un importante incontro sindacale, considerato
pericoloso dal governo egiziano.
Secondo alcune organizzazioni non governative, infatti, la
Presidenza di Al Sisi si configura come un
vero e proprio regime militare, responsabile di un ulteriore peggioramento
delle condizioni dei diritti umani in Egitto.
La vicenda
Il 25 gennaio 2016
Giulio Regeni viene rapito al Cairo e ritrovato morto il 3 febbraio presso Giza.
Nonostante i solleciti, da parte del governo italiano, per
tre giorni, il governo egiziano non ha fornito notizie.
Da una prima autopsia, effettuata in Egitto, molte delle
lesioni riscontrate sul corpo sarebbero dovute all’autopsia stessa. La tesi era di morte dovuta ad edema
cerebrale per un colpo alla testa, ricondotto ad un incidente stradale.
Al rientro in Italia della salma, la seconda autopsia, ha
invece riscontrato “sette costole rotte, segni
di scosse elettriche sui genitali, lesioni traumatiche e tagli inferti con lame
affilate su tutto il corpo, lividi e abrasioni e anche un'emorragia cerebrale”. Smentendo, di fatto, la
prima ipotesi egiziana e accreditando l’ipotesi di tortura e omicidio.
Quel che è accaduto dopo è stato un susseguirsi di verità di
comodo fornite dal governo egiziano; si è parlato di una presunta appartenenza
dello stesso Regeni ai servizi segreti
e quindi di spionaggio, di
connessioni con i “Fratelli musulmani”
(organizzazione politico-religiosa opposta
al regime) e di vendetta personale
legata a presunte frequentazioni di natura omosessuale.
L’ultima versione, ad oggi, è quella dei rapinatori di stranieri che avrebbero
rapito e derubato Regeni, per poi ucciderlo e abbandonarlo sul ciglio della
strada.
Versione ritrattata il giorno dopo, dallo stesso governo che
l’ha fornita, a cui l’Italia non ha mai dato credito.
Inoltre, notizia degli ultimi giorni, Rasha Tareq, figlia,
moglie e sorella dei rapinatori, che nei giorni scorsi aveva smentito il
coinvolgimento dei familiari, nella vicenda Regeni, e accusato, di contro, la
polizia egiziana, sembrerebbe essere stata rapita a sua volta, torturata ed
infine uccisa.
È emerso anche che lo
stesso Regeni si sentiva osservato, che probabilmente gli stessi servizi segreti egiziani lo seguivano dal
suo arrivo in Egitto. Che la sera prima della sparizione, durante una
conversazione su un social network, aveva raccontato, con entusiasmo, alla madre
di avere in programma un incontro con “uno importante”; e che la madre,
come per presentimento, gli avrebbe consigliato “Resta
in casa, non uscire”.
Ciò che oggi appare, realmente, riguardo alla vicenda, è l’interesse da parte di Al Sisi, a non compromettere i rapporti,
prevalentemente di natura economica, tra l’Egitto e l’Italia e la propria
credibilità agli occhi del mondo occidentale (La Repubblica, 16 marzo 2016).
Oggi egli scagiona i servizi segreti, accusando la stampa di aver montato un’intera
campagna mediatica per mettere in imbarazzo l’Egitto.
Al governo italiano
è stata invece riconosciuta una certa timidezza,
almeno nella fase iniziale, nel trattare la vicenda e chiedere giustizia e
verità.
Oggi, data la riluttanza da parte egiziana nel fornire le
prove e i dati che gli investigatori italiani chiedono ormai da qualche mese, la minaccia più credibile diventa quella di
dichiarare lo stato egiziano come non
sicuro, compromettendo l’affidabilità del paese agli occhi del mondo
occidentale.
Per l’Italia, l’Egitto, rappresenta sicuramente un importante
partner commerciale ed economico, in quanto non è solo l’ENI ad avere interesse nel territorio. Ad esempio, Intesa San Paolo è, dal 2006, il primo istituto di credito straniero ad
operare in Egitto, in collaborazione con AlexBank.
Dal 2014 anche Edison, Pirelli, Italcementi, Ansaldo, Tecnimont, Danieli, Technit, Cementir e altri hanno firmato accordi
con l’Egitto, generando un interscambio pari a oltre 5 miliardi, legato a
petrolo e cemento. Così come a fare affari fruttuosi sono state anche alcune
piccole e medie imprese padane.
Poco prima che giungesse in Italia la notizia dell’uccisione
di Regeni, l’ormai ex ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, era in
missione in Egitto, insieme ad una fitta rete di delegati aziendali, al fine di stilare un piano economico
per la realizzazione di numerose costruzioni, sia pubbliche sia private.
Matteo Renzi è stato
il primo leader occidentale a partecipare al vertice economico di Sharm
el-Sheikh; ma il nostro governo non si è mai pronunciato riguardo alle critiche per il mancato rispetto dei
diritti umani da parte del governo egiziano, come segnalato da alcune
associazioni e movimenti e come emerso proprio in questi mesi, con riferimento
ad altri casi di sparizioni di personaggi scomodi al regime.
Nel frattempo si apprende che anche in Inghilterra, dove ha
sede l’Università di Cambridge, come in altri paesi del mondo occidentale, la
vicenda comincia ad essere seguita da vicino, con preoccupazione crescente.
La richiesta
Prendendo spunto dall’iniziativa di Amnesty International, promotrice dell’ordine del giorno in
discussione oggi, si chiede a questo Consiglio di approvare il documento in oggetto, sollecitando il Parlamento ed il
Governo italiano ad un’azione ancora più decisa.
Giulio Regeni era un
giovane studioso, animato da curiosità, da un forte senso di impegno civile
e, come riferito dalla madre, “allegro ed entusiasta” della propria vita.
Ricalca l’identikit di tanti nostri possibili conoscenti che,
per meriti scolastici, si sono trovati ad essere valorizzati in terra
straniera, dando comunque lustro al nostro paese di “cervelli all’estero”. Da questi amici ci si aspetta sempre un
ritorno, con bagaglio di conoscenze dovuto anche all’arricchimento di una
cultura nuova, a rafforzamento della nostra società.
Ciò che possiamo
aspettarci dalla vicenda Regeni, oggi, è solo la verità.
È un atto dovuto a
lui, ai tanti giovani italiani
che si trovano per gli stessi motivi fuori dall’Italia, ma anche a coloro che si sacrificano e si impegnano
per raccontare le verità che i regimi totalitari considerano pericolose per
la propria sussistenza.
Infine, è anche un
atto di partecipazione al dolore di una famiglia che ha sofferto, con
compostezza e in silenzio, nel vedere che sul proprio figlio si è riversato “tutto il male del mondo”.
Palazzolo Acreide, 14 aprile 2016
Fabio Fancello