In un ballottaggio, di solito, gli ultimi due contendenti
cercano il consenso anche tra gli elettori di chi è arrivato dopo di loro.
Lo fanno cercando di raccoglierne o magari rielaborarne le
proposte, facendole proprie.
Non accusando l’uno o l’altro di essere in chissà quali
difficoltà, per aver rifiutato di dare un’indicazione di voto di un certo tipo.
Il progetto a cui ho aderito, evidentemente, era un altro.
Trovare una via d’uscita a sinistra, con nuove idee e proposte di sinistra alla
crisi che la società e la politica italiana oggi stanno vivendo. Spostare
l’asse di questa coalizione “democratica e riformista” da un lato in cui la
politica non è mai stata in questi anni.
Oggi le “primarie del Centrosinistra”, che molti
strumentalmente hanno sempre chiamato “primarie del PD”, si trasformano nelle “primarie
del PD con i voti del Centrosinistra e probabilmente anche di quel che resta
del centrodestra”.
La contesa doveva essere interna, ma la si è trasformata in
uno scontro globale tra candidati che, almeno sulla carta, dovrebbero
appartenere alla stessa parte politica.
Ed infatti il dibattito si è spostato sul ruolo che il
principale partito della coalizione, il PD, dovrà avere nel prossimo futuro,
sulle sue priorità e sugli alleati che dovrà o non dovrà avere.
Non credo in un PD a vocazione maggioritaria. È un errore
già fatto nel recente passato, che è costato una sconfitta a favore del
candidato Berlusconi (uno che la
vocazione maggioritaria tende ad averla all’interno del suo stesso partito) e
che ha cancellato dal parlamento qualsiasi formazione di ispirazione
socialista, ambientalista o comunista. Credo in una coalizione di
responsabilità ed è per questo che ho firmato la carta d’intenti.
Non mi convince chi passa il tempo a differenziarsi dagli
alleati, senza mai spendere una parola di critica verso quelli che sarebbero
gli avversari naturali e il loro modo di fare politica. Quando la campagna per
le primarie sarà finita, sarà bene ci si ricordi che gli avversari veri con cui
confrontarsi sono quelli del populismo e dell’antipolitica e i portatori di
soluzioni, sempre sulla carta, antitetiche a quelle di questa coalizione.
Non mi fido di chi usa un sorriso per accattivare le
simpatie, usando il pretesto del ricambio generazionale, oggi invocato
praticamente da tutti, come soluzione ai mali di una politica che non si è mai evoluta nelle proposte e nelle soluzioni. Non posso credere in chi viaggia sul filo delle regole, aggirandole
per i suoi scopi. Ne abbiamo già avuto uno così, per quasi 20 anni.
Non mi piace chi vuole trasformare una bellissima esperienza
di partecipazione democratica, in uno sporco regolamento di conti.
Non posso dare fiducia a chi non ha esperienza per governare
il paese, dopo aver dimostrato la propria incapacità nel governare una sola
città.
Vorrei un Centrosinistra, non solo un PD, che torni a
parlare con le classi deboli, che ne ascolti i disagi e che ne elabori le
soluzioni.
Vorrei si iniziasse a discutere seriamente di diritti
civili, del reddito di cittadinanza, delle seconde generazioni.
Vorrei una politica estera seria e chiara, senza ambiguità
né sudditanze.
Vorrei dei provvedimenti seri per la lotta all'evasione, unico modo per poter pretendere e giustificare una riduzione della pressione fiscale. Vorrei una svolta vera sul piano economico e sociale.
Mi piacerebbe vedere la fine del populismo e il ritorno del
lavoro e della cultura come preoccupazioni principali di un programma di governo e che
finalmente si riuscisse a rompere il mantra del “sonotuttiuguali”.
Vorrei che fosse garantito almeno il rispetto della carta
d’intenti e che si proseguisse verso la costruzione del nuovo centrosinistra.
La costruzione di un’alternativa a quanto c’è stato finora, per progredire finalmente dopo anni di involuzione politica, economica e culturale.
Per questo e molto altro, voglio fidarmi e scegliere Pier Luigi Bersani.
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