giovedì 6 novembre 2014

C’è un Ministro, che si fa trovare spesso impreparato, che ha raccontato al Parlamento cose “diversamente vere”, venendo ampiamente smentito dai fatti.
Ce n’è poi un altro che non è stato in grado nemmeno di garantire il regolare svolgimento di un concorso universitario.
Ma non vanno via, né li cacciano. Loro devono rimanere lì, perché altrimenti casca giù un Governo di incapaci.
Un Governo, che doveva essere di transizione e che si regge su un Parlamento di nominati già delegittimati dalla Costituzione, che invece va così veloce da puntare a durare all'infinito, riscrivendosi le regole del gioco a proprio piacimento.
È lo stesso che vuole trasformare una splendida isola del Mediterraneo, le cui potenzialità in campo agricolo, ambientale, turistico e dei beni culturali sono immense, ma tuttora inespresse, in un pozzo per trivellatori da tutto il mondo.
Che pensa bene di rispolverare opere inutili, come il fantascientifico ponte sullo stretto, supportato da reti autostradali e ferroviarie degne, che non esistono e che nessuno ha intenzione di realizzare mai, con dall'altra parte una criminalità organizzata che, probabilmente, già si lecca i baffi pensando a quanto potrà lucrarci su.
Che non ha, d’altro canto, mai messo lo stesso impegno nell'impedire che quest’isola divenisse una servitù militare americana, con tanto di basi, radar e immunità particolari, a discapito della salute e dei rischi, anche di sicurezza, per i suoi abitanti. Lo straniero padrone a casa d’altri.
Però ci si indigna per i rifugiati politici, che hanno la colpa di essere considerati dalla burocrazia come un peso per la collettività, anziché una risorsa, perché si è incapaci di accogliere e guardare lontano.
E se, invece, questa indignazione e questo risentimento verso gli ultimi, li si iniziasse a provare per tutte le altre cose?

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